Dopo 40 anni, THE WALL dei PINK FLOYD mette ancora in guardia dalla disumanità
Roger Waters durante il "The Wall tour" del 2006
Roger Waters durante il "The Wall tour" del 2006

Dopo 40 anni, THE WALL dei PINK FLOYD mette ancora in guardia dalla disumanità

Non sono passati tanti giorni dall’anniversario della caduta del muro di Berlino, di cui si sono ricordati i 30 anni dall’abbattimento. Precisamente 10 anni prima  usciva “The Wall”, 11esimo album in studio, opera colossale dei Pink Floyd. 26 meravigliose tracce in cui sintetizzano meticolosamente psichedelia, poesia e psicologia. Di lì a neanche 10 anni, la spaccatura tra Roger Waters e David Gilmour, causata dall’impossibilità di due caratteri dominanti di convivere negli stessi spazi, sarebbe diventata irrecuperabile. Fortunatamente il divorzio non si è consumato prima di aver lasciato al pubblico una cospicua eredità. “Atom Heart Mother”, “The Wall”, ”Animals” e “The Dark Side of the Moon”. Rientra nei dischi incisi nel periodo in cui l’egemonia era tenuta da Roger Waters. Ma la scrittura di uno dei capolavori del rock è stata tutt’altro che facile. Roger Waters stava attraversando, infatti, un periodo davvero buio. Da un lato c’era la cronica mancanza di soldi.

Il cuore pulsante di “The Wall” è l’alienante rapporto tra artista e pubblico

Il bassista dei Pink Floyd riversa il suo dolore in un demo di ’90 minuti. Il concept album si ispira alla tragica biografia di Syd Barret, ex componente e fondatore della band. Ma attraverso Pink, pseudonimo del protagonista del concept album, Roger Waters sta parlando di se stesso in quegli anni. Ad un precedente concerto a Montreal aveva letteralmente sputato al pubblico. Come si può apprezzare un concerto nella confusione più totale? Come può qualcuno diventare oggetto di apprezzamento per una massa in preda alla follia? Perché la fame di denaro riduce l’arte a bene di consumo? Perché il musicista è abbassato a pezzo di carne in grado di strimpellare uno strumento? Il concept dell’album si fa domanda urgente estesa a tutti gli ascoltatori, affinché non ci sia mai più alienazione dell’uomo a ingranaggio.

La caduta del muro dieci anni dopo ha stravolto inevitabilmente il significato originario di “The Wall”

Considerando come è stato poi pensato e costruito dal genio di Waters il concerto-evento che ne è derivato, la libera associazione ha prodotto un’esperienza meravigliosa. Irripetibile per tutti quelli che l’hanno vissuta dal vivo. Ascolto dopo ascolto, il protagonista di “The Wall” non è più Syd, ma ogni abitante della terra che si sente schiacciato dalle richieste della società. Traccia dopo traccia, minuto dopo minuto, l’album è scorso fluidamente lasciando cicatrici insanabili nella mente di chi lo ascolta. L’undicesimo disco in studio dei Pink Floyd restituisce a ognuno quella parte di sé che credeva la vita gli avesse rubato. Invece è rimasta in salvo dietro il muro.